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Il Blog di Marco Marzari

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Postilla » Diritto » Il Blog di Marco Marzari » Diritto penale e processuale » Con il D.L. 78/2013 comincia l’inversione di tendenza sull’esecuzione della pena.

5 luglio 2013

Con il D.L. 78/2013 comincia l’inversione di tendenza sull’esecuzione della pena.

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L’emergere, in tutta la sua crudezza, della situazione tragica delle carceri italiane con le recenti decisioni dei Tribunali di Sorveglianza di allertare la Corte Costituzionale (su cui vedi in questo blog: “La pena disumana trova spazio nel processo esecutivo penale”) ha provocato l’intervento dell’esecutivo con il D.L. 1/7/2013 n° 78 (in G.U. 2/7/2013 n° 153) recante “Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena”.

Si tratta di un intervento sostanziale di un certo rilievo, che segna l’inversione di marcia di quel “pendolo” – immagine rappresentativa dell’oscillante politica in materia penale in questo Paese – che dal 2005 (con la modifica della recidiva e le relative conseguenze), al 2008 e 2009 (con il susseguirsi di misure in materia di sicurezza pubblica: i cd “pacchetti sicurezza”) fino ad oggi, aveva seguito la vocazione alla stretta di vite nei confronti dei condannati, prediligendo la carcerazione come via maestra dell’esecuzione penale. Senonchè, appare evidente che per puntare tutto sulla detenzione carceraria bisogna anche poterselo permettere: occorre, cioè, essere un Paese che appronti condizioni di custodia intramuraria decenti ed umane, dove i condannati abbiano la possibilità di essere davvero rieducati per poter tornare in società come persone diverse, nongià più incattiviti e più isolati di prima. E poiché, all’evidenza, le condizioni delle carceri italiane non consentono al nostro sistema di permettersi una politica del “tutti dentro”, ecco che con il D.L. 78/2013 il pendolo torna ad oscillare verso un concetto di residualità della espiazione in carcere.

Il provvedimento de qua – per quanto fisiologicamente precario nelle more della conversione in legge, e tuttavia ad oggi vigente – assume come principio generale la preferenza della detenzione domiciliare, limitando quella carceraria quasi ad eccezione riservata ai casi di effettivo maggior allarme sociale.

Centrale è innanzitutto la modifica della disciplina codicistica (l’art. 656 c.p.p.) circa il momento in cui la pena diviene definitiva, laddove prevede che il P.M. prima di emettere l’ordine di esecuzione debba innanzitutto calcolare la residua pena da espiarsi al netto della liberazione anticipata già maturata in quel momento, investendo della decisione il Magistrato di Sorveglianza, il quale deve decidere in merito “senza ritardo”. Novità questa di grosso rilievo, poichè solo dopo tale provvedimento del Magistrato di Sorveglianza il P.M. dovrà valutare se la residua pena “netta” sia contenuta entro i 3 anni, ovvero entro i 4 anni per i casi in cui l’art. 47 ter Ord. Pen. già prevede la detenzione domiciliare, e solo laddove essa sia superiore a questi limiti emetterà ordine di esecuzione. In caso contrario, l’ordine dovrà essere sospeso in attesa della presentazione di istanza di misure alternative, cui potranno accedere tutti i condannati ad eccezione unicamente che quelli per i reati elencati dall’art. 4 bis Ord. Pen., il maltrattamento in famiglia con lesioni (art. 572, co. 2, c.p.) e gli atti persecutori (art. 612 bis c.p.): non cositutisce più impedimento la condanna per reati di incendio boschivo e furto in abitazione e con strappo.

Altro punto di grande rilievo è la rimozione dei limiti alla concessione delle misure della semilibertà, della detenzione domiciliare e dell’affidamento in prova ai servizi sociali per più di una volta al condannato cui sia stata riconosciuta la recidiva reiterata ex art. 99, co. 4°, c.p.p.

La disposizione innovativa su cui è invece legittimo nutrire qualche dubbio di opportunità, a parere di chi scrive, sta nella soppressione della revoca del beneficio della detenzione domiciliare nei casi in cui vi sia allontanamento del condannato dal domicilio, equiparato all’evasione (art. 47 ter, co. 9, Ord. Pen.): pare potersi ritenere, infatti, che in questo caso ci si sia spinti un po’ troppo in là nel favor libertatis, con una scelta forse troppo poco meditata, tanto da far venire meno uno dei più forti disincentivi a violare la misura detentiva al domicilio, con conseguenze che è facile immaginare.

Per finire, il D.L. prevede che i detenuti possano essere assegnati a prestare la propria attivita’ a titolo volontario e gratuito all’eterno del carcere, nell’esecuzione di progetti di pubblica utilita’ in favore della collettivita’ da svolgersi presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.

L’art. 4, l’ultimo del provvedimento legislativo in esame, delega poi al Commissario Straordinario tutta una serie di incarichi operativi per definire, si spera concretamente ed in tempi certi, il programma di edilizia e ristrutturazione carceraria, che consenta di dotare il Paese di infrastrutture di pena idonee a preservare la dignità umana e la primaria funzione di recupero del condannato.

Questo intervento del Governo, di indubbio impatto sostanziale, non mancherà di suscitare le solite divisioni tra i cd. rigoristi e garantisti e ciò sarà determinante, nella dialettica politica, sul contenuto della legge di revisione. Ma credo, in tutta onestà, che nella situazione attuale non si tratti di essere o meno deboli o permissivi, ma molto più semplicemente realisti!

Letture: 9257 | Commenti: 15 |
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15 Commenti a “Con il D.L. 78/2013 comincia l’inversione di tendenza sull’esecuzione della pena.”

  1. Paolo scrive:
    Scritto il 8-7-2013 alle ore 15:40

    Mi rendo conto di essere un po’ fuori tema ma sono convinto, visto che tutta la problematica trae origine da carceri insufficienti a detenere la popolazione loro affidata, che si potrebbe agire anche in un altro senso.
    Le carceri che vengono attualmente costruite sono delle vere e proprie cassaforti con muri perimetrali altissimi, cancellate anch’esse di dimensioni notevoli, il tutto immagino di costo elevatissimo.
    Perchè allora non prevedere la realizzazione di strutture molto più semplici senza la preoccupazione di vedere fuggire il detenuto?
    In tali strutture andrebbero detenute quelle persone naturalmente non pericolose realizzando qui solamente un percorso che favorisca la riabilitazione o semplicemente la detenzione.
    In caso di fuga ovviamente la pena verrebbe aumentata.

  2. michele scrive:
    Scritto il 8-7-2013 alle ore 19:14

    Niente di nuovo…anziché fronteggiare il problema della carenza organica degli operatori della giustizia e delle strutture si snellisce il carico lavorativo depenalizzando e svuotando le carceri. Come al solito si è scelto la strada più semplice….e sicura …però solo dal punto di vista politico!

  3. Archimede Palazzo scrive:
    Scritto il 9-7-2013 alle ore 12:57

    Che fine hanno fatto i braccialetti elettronici? Quando paghiamo ancora a Telecom di collegamento? Perché negli altri Stati funzionano e in Italia no? La discrezionalità per l’applicazione delle misura alternative le rende di difficile applicazione. Forse, sarebbe il caso di intervenire a livello legislativo per sanare tale lacuna e, sarebbe anche il caso, di depenalizzare alcune norme che riempiono le carceri a dismisura. Ritengo che un’altissima percentuale di detenuti sia in rapporto alla droga. Mi chiedo, non sarebbe più semplice venderla in farmacia e dare la possibilità di aiutare, concretamente, i vari consumatori? Con la vendita in farmacia della droga(e) ed una amnistia relativa a detti reati svuoteremmo le carceri di circa il 60%. Il risparmio per le casse dello Stato sarebbe notevole e, anzi, si incrementerebbe delle tasse pagate dai farmacisti. Altre considerazione riguarda la prostituzione. In tutta Europa l’antico mestiere è disciplinato da una normativa ferrea, le vecchie case di tolleranza sono aperte, soggetti a controllo e pagano le tasse. Mi chiedo, ancora, ma l’Italia è in Europa?

  4. michele scrive:
    Scritto il 9-7-2013 alle ore 14:15

    Occorre porsi le domande giuste altrimenti non se ne esce….Ma chi ruba per pagare le tasse va in carcere? E chi spende male il denaro pubblico a cosa va incontro?

  5. Archimede Palazzo scrive:
    Scritto il 11-7-2013 alle ore 13:15

    Egr. Michele,
    alle Tue domande mi è tornato in mente un vecchio film di Renzo Arbore, FF.SS. CHE MI HAI PORTATO A FARE INGOPPA A POSILLIPO SE NON MI VUOI PIU’ BENE?, beh in tale film troverai le dovute risposte. Arbore lo diceva già tanti anni fa: in Italia chi ruba le mele va in galera. Ti invito a vedere tale film.

  6. michele scrive:
    Scritto il 11-7-2013 alle ore 14:13

    Egr. Archimede,
    pensavo fosse ovvio che le domande poste non abbisognassero di risposta, in quanto volte a costituire solo uno spunto per una riflessione…Quello che volevo evidenziare è in sostanza la mancata coincidenza tra le “necessità” del governo e quelle dei contribuenti….Inoltre volevo portare all attenzione dei pochi lettori la mancanza di un idoneo sistema di responsabilità di coloro che sono chiamati a gestire il nostro denaro. Sto’ parlando di cose talmente ovvie e basilari che vengono messe nel dimenticatoio….noto perciò che è proprio sulle cose ovvie e “scontate” che bisognerebbe lavorare

  7. Paolo scrive:
    Scritto il 11-7-2013 alle ore 17:04

    Che l’emergenza carceri sia un grosso problema per il nostro Paese è ormai noto a tutti.
    Mi pare che la soluzione proposta dal D.L. sia valida solo nel breve periodo proprio per porre rimedio all’emergenza.
    Lo stabilire il grado di pericolosità sociale è una valutazione estremamente soggettiva il cui utilizzo da parte della magistratura lascia alquanto perplessi. Quante persone colpevoli di reato continuano a delinquere creando grossi problemi sociali, pensiamo ai truffatori, ai ladri, ai violenti, ai drogati.
    Vincolarli ai domiciliari mi sembra semplicistico.
    E poi chi li controlla? risparmieremo sulle strutture ma non certo sul personale.
    In prospettive pertanto non potremo prescindere dal dotare il Paese dei luoghi di detenzione necessari. Diversamente andremo sempre peggio, è inutile illudersi.

  8. Michele scrive:
    Scritto il 11-7-2013 alle ore 20:57

    Paolo, quel che dici é sensato, ma quando affermi ” l emergenza carceri é un grosso problema per il nostro paese” appari essere riduttivo rispetto ai numerosi grossi problemi da cui è afflitto il nostro paese… Secondo me la soluzione dovrebbe essere ricercata a monte….e non a valle come si è fatto fin’ora

  9. Paolo scrive:
    Scritto il 12-7-2013 alle ore 10:11

    Scusami Michele ma non capisco. Vuoi forse dire che il Paese ha problemi più importanti da risolvere? Certo è vero ma compito del Governo è quello di affrontare e quantomeno impostare la risoluzione di quelli che coinvolgono la vita nazionale.
    Il problema delle carceri è un problema e la Comunità ci impone di risolverlo.
    Anch’io sono d’accordo che la soluzione vada ricercata a monte e quindi adeguamento degli istituti di pena alla richiesta, certo però che l’emergenza obbliga ad intervenire nell’immediato.

  10. Marco Marzari scrive:
    Scritto il 12-7-2013 alle ore 10:55

    Scusate se mi intrometto tra i commenti su uno scritto mio (cosa che di solito non uso fare), ma mi sembra che in qualche modo i pareri discordanti siano motivati dal fatto che ad esempio Michele allarga il discorso sui tematiche generali di ciò che non funziona in Italia, sul rapporto tra governanti e governati, sulla responsabilità dell’operato dei politici. Va tutto bene e se ne può parlare, ovviamente.
    Ma qui la discussione – almeno nella mia intenzione – strettamente tecnico-giuridica è su un provvedimento legislativo d’urgenza che segna una inversione di tendenza, condivisibile o meno, in tema di esecuzione della pena. La carcerazione intramuraria come via principale dell’espiazione penale non è (più) attuabile e, come ho detto, non ce la possiamo permettere come Paese: sia perchè abbiamo carceri indegne per cui siamo già stati sanzionati dalla CEDU, sia perchè non è rispettato il dettato costituzionale sulla funzione rieducativa della pena. Le ricadute pesantissime in termini di costo sociale impongono una rivalutazione delle misure alternative, che lascino il carcere come extrema ratio.

  11. michele scrive:
    Scritto il 12-7-2013 alle ore 11:33

    Ho capito perfettamente quale sia il filo conduttore del discorso. Ma quella che propone Marco non è una semplice valutazione tecnico-giuridica di un D.L, ma una valutazione che inevitabilmente involge il merito delle scelte discrezionali operate dal legislatore. È chiaro dunque che il perimetro da considerare risulta più vasto. Il paese versa in una grave situazione economica…allora si impone la scelta alternativa tra l essere realisti o l essere giusti…a me sembra che si sia optato per la prima strada. Comunque sono del personale avviso che si potrebbero appo

  12. michele scrive:
    Scritto il 12-7-2013 alle ore 11:35

    Comunque sono del personale avviso che si potrebbero apportare grossi miglioramenti a costo zero…con una politica più intelligente oculata e rispettosa per il prossimo.

  13. maia grazia scrive:
    Scritto il 22-7-2013 alle ore 12:39

    inizio con dire che concordo con quanto lei sostiene e voglio subito fornirle un dato reale: dal carcere di udine fino a giovedì 18 luglio, dov’è rinchiuso il padre dei miei figli, nessuno ha beneficiato di questo decreto anzi continuano ad entrare persone.
    e adesso, anche se non è il luogo adatto vorrei raccontarle in breve la nostra storia
    al padre dei miei figli (uno di 14 anni e una di 9 certificata nello spettro dell’autismo) nel 2006 viene presentato un cliente per il quale fa un lavoro di 2000 euro di cui paga anche le tasse. rimane suo cliente per un anno fino ad una percuisizione fatta dalla finanza
    dopo questa chiaramente capisce che c’è qualcosa che non va
    incontra accompagnato da un legale (che si è rivelato non preparato ed è stata la nostra rovina) per ben due volte il pm e scopre che il cliente che conosce da un anno è indagato da sette
    viene perquisito anche l’appartamento in cui vivevamo 80 mq a sesto san giovanni di mia proprietà lasciatomi da mio padre nel 90/91
    non viene posto alcun sigillo nè all’ufficio(che viene perquisito più volte) tantomeno alla casa
    immediatamente vengono chiusi tutti i contatti con il cliente e passano 3 anni durante i quali vengono fatte delle notifiche, ma che l’avvocato non ritiene di importanti
    noi continuiamo la nostra vita di persone normali come tante
    nel 2009 decidiamo di trasferirci in friuli nel piccolo paese dove sono nata e dove io avevo comperato un rustico contraendo un mutuo e che intendevamo completare vendendo un monolocale che ubaldo aveva da 20 anni o forse più
    nell’ottobre del 2010 avevamo già l’appuntamento per vendere il monolocale che non abbiamo potuto vendere perchè ubaldo viene arrestato
    un mese di carcere
    sei mesi agli arresti domiciliari
    periodo di libertà per ricorso in cassazione che vinciamo liberando il monolocale che il pm sosteneva comprato con gli illeciti (credo che ad un magistrato basti cliccare un tasto per sapere da quanto tempo uno possiede un immobile)
    la prima volta rimango con venti euro in tasca due bambini e una casa da pagare 10 tra i nostri più cari amici
    mi scuso ma ci sarà una seconda puntata perchè devo portare mia figlia in terapia

  14. michele scrive:
    Scritto il 22-7-2013 alle ore 15:56

    ……la vicenda appena narrata dovrebbe far riflettere sul fatto che risolvere i problemi da cui siamo afflitti con modalità “a macchia di leopardo” ha ben poca utilità dal punto di vista del comune cittadino.. Il problema carceri andrebbe risolto all interno di una poderosa riforma di tutto il sistema giudiziario, ove fossero previste forme di responsabilizzazione personale. L’enorme mole di lavoro dei giudici ha imposto tempistiche abnormi che si traducono nel penale nella prescrizioni dei reati, mentre per il civile..oltre ai danni lamentati anche la beffa di dover sopportare per anni le spese inerenti alla causa. Questa secondo me è la vera “disumanita'”

  15. maia grazia scrive:
    Scritto il 23-7-2013 alle ore 14:58

    10 amici ci prestano del denaro, per comprare casa perchè sono in mezzo a una strada, mi sono già trasferita nel frattempo metto in vendita casa mia, riesco a venderla restituisco il prestito con gli interessi legali tutto alla luce del sole da studio notarile
    l’avviocato ci consiglia di patteggiare(altro errore è un provvedimento per ricchi) per poter uscire e lavorare noi viviamo del nostro lavoro
    non so bene raccontare in termini giuridici ma per poter avere la condizionale (la pena inflitta a ubaldo è di 2 anni e sei mesi) dobbiamo risarcire lo stato
    il pm (lavora nel tribunale di novara) ci chiede attraverso l’avvocato 25.000 euro più o meno la somma rimasta dopo l’acquisto della casa
    io preparo l’assegno per la procura della repubblica, ma il giudice non lo accetta più non basta ne vuole 50.000 non li abbiamo
    facciamo il ricorso in cassazine è libero trova prima lavoro presso una ditta che istalla impianti fotovoltaici, gli è rimasto anche qualche cliente poi trova lavoro attraverso amici dell’università presso una banca privata
    lavoro che adesso perderà perchè non gli è permesso neppure di lavorare in carcere ha chiesto di avere un compiuter e di poter spedire attraverso la posta elettronica del carcere tutto controllato non abbiamo nulla da nascodere
    (vorrei dar più voce a quanto ho scritto ma non so a chi rivolgermi se qualcuno può aiutarmi in qualche modo questi sono i miei numeri di telefono 37774558617 3665423424)

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